Intervento di Luca Benedetto durante l'assemblea pubblica del 21 ottobre 2016.
Sull’argomento richiedenti asilo, perché questo è l’unico modo corretto per
chiamare questi nostri ospiti, occorre essere chiari, sereni e coerenti.
Premettiamo che viviamo in un paese che si proclama “democratico”, dove
ogni individuo è innocente fino a prova contraria e do ve la giustizia è uguale
per tutti.
Chiunque giunga in un paese che così si definisce, e che vi richiede asilo
politico, fino al momento nel quale si dovesse appurare che costui non ha
diritto all’asilo richiesto, beh, fino a quel momento deve essere trattato come
qualcuno che diritto all’asilo ce l’ha!
Questo non vuol dire tenere costoro in un carcere, in un campo
d’internamento temporaneo o nascosto dietro ad una tenda, vuol dire trattarlo
come qualcuno che, potenzialmente, ne ha viste di cotte e di crude prima
d’arrivare qui da noi.
Per queste persone lo stato centrale paga una retta quotidiana per far si
che noi li si ospiti… paga, si, ma a chi?
In generale il prefetto ogni tot tempo chiede ai comuni nei quali ha
inviato, di sua sponte e non dietro loro richiesta, i richiedenti asilo se il
comune desidera farsi carico dell’accoglienza oppure no.
In caso negativo, che poi è il nostro caso, il prefetto assegna quella
retta ad una cooperativa che si aggiudica il servizio, con tutti i pro ed i
contro.
Avendo l’attuale amministrazione da pochissimo temo ribadito il suo “non me
ne voglio occupare” al prefetto purtroppo siamo destinati ad un altro periodo
di assegnazione ad una cooperativa, cooperativa che avrà, come sempre,
l’interessa a massimizzare i suoi profitti fottendosene allegramente di cosa
sarebbe da dare, da fare, da proporre a queste persone per le quali viene
pagata.
L’alternativa sarebbe che il comune avesse risposto “ci penso io”, che poi
in parole pratiche voleva dire fare uno SPRAR e farsi carico a 360°
dell’accoglienza di coloro che il prefetto ci inviava.
Ma perché un comune dovrebbe decidere di farsi carico dell’accoglienza
invece che, come il nostro, girarsi sdegnato dall’altra parte e fare il muso
come il più offeso dei mocciosi?
Farsi carico dell’accoglienza consente di costruire una proposta che
consenta non solo di trattare in modo umano e degno le persone che si ospitano,
insegnando loro la lingua, gli usi e costumi, magari pure un mestiere, ma
consente anche di definire come e con chi costruire questa proposta, che poi in
pratica vuol dire che si potrebbero trattenere posti di lavoro, o per parlare
più semplicemente si potrebbero assumere Saluggesi oggi privi d’occupazione per
fare questo mestiere: accudire, nutrire, istruire, formare i richiedenti asilo!
Se ci facciamo un banalissimo conto, sapendo che noi abbiamo circa 40
richiedenti asilo, per i quali lo stato versa circa 30€ ogni santo giorno… i
conti sono presto fatti: 32.5*45*30=43.850€ ogni mese!
Pensate… se usati bene qui 36.000€ possono far vivere decentemente i nostri
ospiti, ma possono anche facilmente diventare alcuni posti di lavoro nel nostro
comune.
Mi chiedevi cosa faremo noi per il problema dei richiedenti asilo… ecco,
noi se potessimo cercheremo in tutti i modi di tramutare quello che oggi è un
problema in un’opportunità.
Quello a cui oggi giriamo la schiena in qualcosa che consente ad alcuni
nostro concittadini di guadagnarsi la pagnotta quando oggi non sanno come fare.
Siamo giusto ospiti da Vita Tre, nata qui a Saluggia ed ora esportata in
numerose altre realtà piemontesi…
… e mi domanda come un paese che abbia dato i natali ad una simile realtà
si sia ritrovato a girare la testa dall’altra parte quando lo stato chiede
aiuto, pagato, per soccorrere qualcuno che, fino a prova contraria, ha
attraversato l’inferno non perché aveva voglia di correre sui carbono ardenti
ma perché, come diceva una vecchia pubblicità, o così o pomì!
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